Un giorno un uomo andò da Bayazid, il grande mistico, per rimproverarlo. Gli disse di aver digiunato, pregato e fatto tante altre cose ancora per trent'anni, senza trovare la gioia di cui Bayazid parlava. Bayazid gli rispose che, anche se avesse continuato così per altri trecento anni, non l'avrebbe trovata in ogni caso.
- Com'è possibile?", chiese il candidato all'illuminazione.
"Perché la tua vanità ti ostacola", rispose Bayazid.
- Indicami un rimedio", chiese l'uomo.
"Un rimedio ci sarebbe, ma non puoi prenderlo".
- Dimmelo egualmente".
Allora Bayazid disse: "Va' dal barbiere e fatti radere la tua venerabile barba. Togliti tutti i vestiti e cingiti i fianchi con una corda. Riempi un sacchetto di noci, appendilo al collo e mettiti sulla piazza del mercato gridando: "Una noce a ogni monello che mi darà un colpo alla nuca". Infine, presentati a corte affinché i giudici possano vederti".
- Ma non posso fare tutto ciò ! Ti prego, dammi qualche altra cosa che possa avere lo stesso effetto.
"Questo è il primo e unico passo", disse Bayazid. "Ti avevo già detto che non l'avresti fatto. Pertanto, non puoi essere curato".
Nella sua Alchimia della felicità, El-Ghazzali vuole sottolineare, con questa parabola, il concetto che ha sempre sostenuto e cioè: per quanto si possa essere sinceri, sia ai propri occhi che a quelli altrui, nella ricerca della verità, in realtà si può essere motivati dalla vanità o dall'egoismo, caratteristiche che sono di totale ostacolo all'apprendimento.
Racconto sufi estratto da "l'Alchimia della felicità" - El-Ghazzali (1058-1111,Tus - Iran)